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Energia umana e fattori di successo della formazione esperienziale

di Massimo Borgatti

Per cambiare occorre energia: l’essere umano, come ogni sistema energetico, cerca configurazioni a dispendio minimo; per questo siamo intrinsecamente propensi ad un approccio conservativo quando si parla delle nostre abitudini (mentali, emozionali o comportamentali che siano).

INDICE DEI CONTENUTI

1. La posizione del punto d’unione

2. Dare energia per movimentare il punto d’unione

3. Gestire l’energia umana con consapevolezza


Quanti di noi, oggi, hanno “energia libera”? Per ciascuno di noi, il grande ostacolo al cambiamento, è quello di pensare di avere costantemente tutta l’energia impegnata e di non disporre quindi della forza sufficiente per affrontare il cambiamento.

È più facile restare statici e impiegare l’energia in pensieri, emozioni ed attività routinarie e consolidate, piuttosto che faticare per andare incontro al nuovo, allo sconosciuto. Da qui la difficoltà che tutti sperimentiamo nel mettere in atto reali mutamenti nella nostra consapevolezza e nei nostri comportamenti.

La formazione esperienziale, avendo il mandato di stimolare verso il cambiamento, deve quindi fare i conti con la disponibilità energetica dei soggetti coinvolti. Questa è la più grande delle sfide.

Nel testo “Sciamanager, la via energetica alla leadership tra sciamanismo e management” (ed. Il Punto d’Incontro – 2011) utilizzo una metafora tratta dalla tradizione sciamanica sudamericana (la cultura tolteca, alla quale fanno capo le opere di Carlos Castaneda, Victor Sanchez, Florinda Donner, Don Miguel Ruiz che hanno in parte ispirato il mio lavoro), una metafora estremamente efficace per parlare di cambiamento: il punto d’unione.

Nella visione tolteca, esiste una sorta di centro energetico libero di spostarsi all’interno del campo energetico umano: questo punto è detto “il punto d’unione”. Il punto d’unione, con il suo movimento, permette all’individuo di portare mutamenti ai propri filtri percettivi.

Formatore esperienziale

La posizione del punto d’unione

Ogni gruppo sociale condivide una specifica posizione del punto d’unione. Le variazioni tra un gruppo sociale e l’altro si discostano quel tanto che basta per consentire le diverse sfumature nella percezione della realtà. In linea di massima comunque il punto d’unione dell’essere umano, in ogni epoca, è fissato in una posizione pressoché condivisa da tutto il genere umano.

Finché il nostro punto d’unione rimane dov’è posto quello di tutti gli altri, la nostra e la loro percezione sono perfettamente allineate.

Finché il punto d’unione è fermo, non abbiamo percezioni che ci spingano al cambiamento: vediamo le cose come le vedono gli altri e aderiamo al “sogno sociale” imperante. Senza uno spostamento del punto d’unione, non c’è spinta al cambiamento. Quando spostiamo, consapevolmente o meno, il punto di unione, si aprono dinanzi a noi orizzonti percettivi nuovi e siamo portati ad accettare nuove possibilità di crescita e di conoscenza.

Il punto chiave sul quale voglio soffermarmi è che ogni spostamento del punto d’unione richiede una notevole quantità di energia libera: anche per i toltechi, esiste un nesso forte tra cambiamento ed energia.

Dare energia per movimentare il punto d’unione

Una formazione che, per contesto o modalità di conduzione, non trasmetta energia, non crea i presupposti per dare fluidità di movimento al punto d’unione.

Una formazione che resti troppo vicina agli schemi quotidiani, mancando di stimoli forti, lascia il punto d’unione fermo dove è, non apre orizzonti, non fornisce visioni e non spinge concretamente al cambiamento.

Una formazione che non renda il singolo consapevole del nesso tra energia e cambiamento (magari fornendogli strategie per coltivare il proprio benessere energetico) non è in grado di sorreggere il processo del cambiamento nel post corso.

Un intervento formativo, analizzato in termini di energia, deve quindi:

  1. Fornire ai partecipanti l’energia necessaria per rendere fluido il punto d’unione
  2. Offrire stimoli concreti e spinte efficaci al movimento del punto d’unione
  3. Mettere i partecipanti in condizione di manutenere il proprio livello energetico per dare continuità al processo di cambiamento

Gestire l’energia umana con consapevolezza

Abbiamo prospettato il legame tra formazione esperienziale, cambiamento ed energia. Possiamo sintetizzare il nostro contributo affermando che l’efficacia di un intervento formativo esperienziale sembra particolarmente connessa alle dinamiche energetiche che il team di progetto è in grado di creare e gestire, prima, dopo e durante l’intervento.

Di fronte a questa affermazione che risulterà sempre più vera, quanto più le organizzazioni dovranno/vorranno perseguire reali cambiamenti nel loro management, tanto più la consapevolezza e la capacità di gestire l’energia umana sarà certamente una prerogativa di efficacia per i trainer esperienziali.

Si sta aprendo per ciascuno di noi formatori un cammino nuovo e stimolante dove la vera ricerca non sarà più focalizzata su attività innovative o metafore rivoluzionarie quanto su noi stessi, sulla nostra consapevolezza, sulla nostra capacità di gestire l’energia in maniera strategica, compresa la capacità di stare davvero in disparte e di frenare ogni guizzo di egoicità, a favore delle dinamiche energetiche del gruppo e dello spazio di espressione del singolo.

La proposta Team Building in Outdoor TRAINING prospetta molti strumenti pratici che rendono più agevole, per i formatori, liberare nuova energia umana con consapevolezza.

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